Il trekking nel Mustang 27/10/2019 Ghami – Tscharang

Da Ghami a Tscharang

Arrivare con le proprie gambe

Oggi la penultima tappa da Ghami a Tscharang; Gopal sta cercando una soluzione per farmi arrivare alla meta senza troppa fatica ma non si trova. L’ultima jeep era promessa ad una comitiva partita prima di noi. Dai, non perdiamoci d’animo e partiamo, né con il cavallo né con la jeep ma con le nostre gambe. Gopal è davanti, Balman dietro. Il passo di Gopal oggi è più lento, forse ha capito che ci separano più di vent’anni e a 3.500 metri si sentono tutti. Saliamo passo dopo passo e alla fine ci siamo. Sono arrivato all’ennesimo passo di questo bellissimo trek. Ce l’ho fatta senza cavallo e senza vettura e ne sono orgoglioso. Ormai voglio arrivare a Lo Manthang solo esclusivamente con le mie gambe. Se questo itinerario mi deve insegnare qualcosa, è quella di avere più fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Gopal alla fine ha creduto più in me di quanto non abbia fatto io. Con calma e pazienza ci siamo riusciti. Ora che sono all’ultima tappa prima del mio arrivo a Lo Manthang, mi sembra tutto più facile e possibile.

Indù o Buddista: non centra

Da Ghami a Tscharang

Qui a Tscharang ho visitato un monastero proprio bello. Sono accompagnato nella visita da un monaco. Certo che capire qualcosa di questa religione è proprio un’impresa. Qui la religione è proprio parte integrante e pregnante della vita di chiunque, sia essa induista o buddista. La cosa genuina è che non ne fanno un mistero, anzi per loro è quasi un vanto. Diversità abissale se rapportato al nostro senso religioso. Noi abbiamo quasi vergogna di parlare del nostro rapporto con la religione e con il nostro Dio. Qui passando davanti ad un tempio s’inchinano, sia esso indù o buddista.

Dubbiosi e fragili

Da noi, anni addietro, si faceva il segno della croce passando davanti ad una chiesa. Ora non più! Vergogna, distacco, menefreghismo, disattenzione, non lo so visto che anch’io sono tra queste persone; e forse per me è una forma di vergogna a mostrarmi in pubblico per quello che sono dentro, come se, così facendo, fossi vittima di una sorta di umana debolezza. In una società egocentrica dove tutto posso fare, dove tutto posso raggiungere e dove la forza del singolo vince, costi quel che costi, mostrarsi dubbiosi e fragili riconoscendo i propri limiti di fronte ad una entità spirituale quale essa sia, non è premiante. Si dirà che questa è una società agricola ormai da noi scomparsa, ma non mi basta questa spiegazione.

È questione d’intuito

Da Ghami a Tscharang

Lungo la strada ormai la fatica svanisce e rimango con i miei pensieri. Ma perché mi ritrovo qui, in Nepal, per la quarta volta? Cosa m’attrae di questo mondo tanto lontano e diverso? Guardo dentro di me e mi vedo sempre puntuale, organizzato, programmatore del mio futuro, con questo bisogno di cercare sempre una definizione chiara e logica, un “punto di gravità permanente”, come dice la canzone di Battiato, “che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose e sulla gente”, che mi spieghi tutto in maniera fissa e permanente.
Nel contempo vedo questo mondo e, più che capire, intuisco. Forse sono attratto dalla diversità di questa gente, che con il suo fare così “sciolto”, così libero nella semplicità, così profondamente e dignitosamente fragile, mi sta sussurrando che la vita si può cercare di vivere anche senza tanta paura per il futuro, senza il bisogno di una perenne ricerca di sicurezza e di punti fermi e fissi come cerco di crearmi io.

Il senso del trekking

Sono qui in mezzo al nulla e nel silenzio più totale, circondato dal blu e dal giallo dei monti e ancora più forte sento la fragilità di quello che credo essere le mie sicurezze. Il telefonino, l’assicurazione, il denaro. Certo non potrei farne a meno, ma almeno capire che, in mezzo al nulla del silenzio di queste montagne non servono a nulla è importante. Certo non potrei farne a meno ma, capire che il domani nessuno lo può definire con certezza e che quello che cerchi di costruire, molte volte, è vano, è importante. Forse questa è la cifra ed il senso di questo trek.

Il sole è alto e non soffia il vento

Da Ghami a Tscharang

Le persone che ho incontrato hanno risposto sempre con il loro Namaste al mio Mandi, non mi hanno mai evitato abbassando lo sguardo verso lo straniero che vedevano in me come, invece, molte volte mi capita di fare quando incontro un “diverso” nella mia città. C’è questa semplicità di relazione, questo contatto quasi immediato, questa apertura che mi meraviglia. Non credo sia ingenuità, perché la miseria che circonda questi paesi non permette ingenuità; anzi! La risposta che si dà questa gente è il riconoscere la propria singola debolezza e ricorrere al gruppo del parentado e all’amicizia reciproca diventa forza per superare la difficoltà del momento.
Questa filosofia del bisogno rende tutto più flessibile e possibile. Se questo trek fosse in grado di farmi capire che è impossibile ed illusorio cercare “un punto di gravità permanente” mi avrebbe aiutato a crescere e a capire che si può vivere anche in un altro modo.
Sono a Tscharang! Non me ne sono quasi accorto. Il sole è ancora alto e il vento non soffia in maniera impetuosa e le preghiere appese in ogni luogo si muovono dolcemente mettendo una sorta di allegria.

Da Ghami a Tscharang
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Cosetta

Che piacere leggere i tuoi articoli ! Le emozioni , le sensazioni che hai vissuto in questi luoghi meravigliosi , con queste persone ricche della loro semplicità e accoglienti con gli estranei ha entusiasmato e aperto porte anche al ns cuore . Il viaggio arricchisce ognuno di noi proprio per gli incontri , le situazioni , le emozioni , le rinunce , le sofferenze che incontriamo lungo queste avventure ! Grazie Giorgio !!