Patan, Durban Place e Thamel

27 Ottobre 2014 Lunedì

Kathmandu

Le presentazioni e il programma per oggi Patan, Durban Place e Thamel

Mi sveglio di buon mattino e penso alla giornata: una visita a Patan, Durban Place e Thamel sono tutte cose che mi aspetto per oggi e, ovviamente, conoscere la mia guida. Alle 08:15 ho l’appuntamento con il boss di Amici & Trek Mr Govinda nella hall dell’albergo. Non vedo l’ora di conoscerlo e di chiedergli come mai la sera precedente è stato così poco cortese nel non venirmi a prendere all’aeroporto. Lo vedo: statura bassa, capelli corti, sulla cinquantina.

Non riesco nemmeno ad aprire la bocca e a stringerli la mano che, come la sera precedente, è una prolusione di scuse e spiegazioni dall’inglese per me poco comprensibile. Alla fine mi accorgo che non m’interessa molto la sua storia. Ormai penso sia meglio guardare avanti. Avrà aspettato e, visto che non arrivavo, ha deciso di prendere la strada di casa pensando che, sicuramente, mi sarei fatto vivo dall’albergo, come d’altronde è avvenuto.

Kathmandu

Oltre a Mr Govinda c’è un’altra persona. Ci presentiamo: “Giorgio”, “Mr Be Be” mi dice. Certamente un nomignolo per semplificarmi la vita. È un ragazzo sui 35 anni. Statura media con una leggera barba e una carnagione non eccessivamente scura. Il primo impatto non è dei migliori.

Non mi risulta molto espansivo. È riservato e lo sento un pò distante. È la mia guida. Conosce un pò l’italiano visto che viene, nel periodo estivo, a lavorare in Italia, nel bergamasco mi dice Mr Govinda. L’inglese lo conosce meglio ma mi è sempre difficile capire quando lo parlano. Il nostro incontro è già terminato. Il tempo per aggiornarci alle 11 della mattinata. Be Be doveva andare a fare una commissione e Mr Govinda rientrare in ditta. Ci lasciamo. Sono le otto e trenta e a questo punto decido di uscire per guardarmi un pò in giro.

In giro tra i mercati di Kathmandu

Kathmandu

L’albergo è in centro e il primo impatto con il luogo è terribile. Un caos indescrivibile circonda ogni cosa. La strada è in parte asfaltata e in parte con delle grosse buche da dove esce dell’acqua. Il rumore dei clacson è assordante al punto tale che mi chiedo a cosa possano servire, visto che è difficile capire a chi suonano e perché suonano. Sono avvolto dal rumore e dalla polvere che regna sovrana. Le moto portano due e, spesso, tre persone. Difficile trovare semafori agli incroci. Facile, nei punti di maggior traffico, trovare un vigile appollaiato su un piedistallo che, agitando le braccia, “dirige” il traffico. La divisa comprende anche la classica mascherina che protegge dallo smog.

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Odori e profumi

M’incammino lungo la strada ed ogni tanto mi giro indietro per crearmi dei punti di riferimento. Cerco di trovare un punto riconoscibile anche per il rientro e, così fatto, m’infilo in quella che ipotizzo essere la città “vecchia”. Qui le vetture spariscono per lasciare lo spazio a piccoli taxi, ai motorini e alle biciclette. Il rumore svanisce quasi per incanto, soppiantato da odori e profumi più consoni al mondo orientale. Non manca la polvere che m’accompagnerà per tutto il viaggio. Vedo anche i risciò. Potrei proprio salirci sopra e farmi un giro, dico tra me e me. Mi avvicino ad uno di questi e cerco di farmi capire. “Vorrei fare un giro, non più di un’ora, attraverso il centro ed essere riportato all’albergo”.

In risciò

Sembra facile ma la concorrenza è spietata. Appena faccio un cenno ad un “tassista” me ne arrivano due, tre, cinque. Tutti offrono i loro servigi al miglior prezzo. Non desidero contrattare un giro in risciò. Non ho capito nemmeno quanto vale la loro moneta e sono già costretto a calcolare qualcosa. Alla fine capisco che un’ora non costa quasi nulla e decido di rivolgermi al primo tassista, per una forma di coerenza con la prima impressione che mi aveva fatto. Giovane e sorridente. Salgo con la mia macchina fotografica. Controllo se ho tutto e partiamo.

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La velocità è tranquilla. Il povero ragazzo, quando il risciò entra in una buca, è costretto ad alzarsi dalla sella e portare tutto il suo peso sul pedale per far si che si possa procedere. Che fatica! Motorini e lambrette ci passano vicini. Non esiste un senso di marcia ben definito. Le stradine sono zeppe di negozi.

Città e campagna

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Frutta, verdura e ogni prodotto proveniente dalla campagna. Sembrava la mia città ai tempi dei miei nonni, quando le merci provenivano direttamente dalla campagna portate con ogni mezzo: biciclette, carrozzini e carretti, ogni cosa poteva tornare utile. Passati cento anni me li ritrovo qui come se il mio viaggio fosse a ritroso nel tempo. Un telo, due ceste, una bilancia e tanta pazienza da usarsi per l’attesa del cliente. Negozi strapieni di prodotti per il trekking. Ogni ben di Dio per i turisti ma negozi dai prezzi impossibili per gli abitanti. È bello vedere i ragazzini che si recano a scuola. L’Inghilterra e la vicina India hanno influenzato certi comportamenti come la guida, rigorosamente a sinistra, e le divise degli scolari tutte uguali. I ragazzini ti passano vicini e, come tutti i ragazzi del mondo, sono allegri e vocianti.

Polvere e spremute

Vedo molti negozianti seduti sul ciglio della strada con il giornale in mano. Altri puliscono l’entrata del negozio con le scope. Altri lanciano dei secchi d’acqua sulla strada per ridurre la quantità “industriale” di polvere che si solleva al passaggio di ogni cosa. Sull’angolo di una stradina noto una bicicletta che si trasforma, in men che non si dica, in un piccolo punto vendita di spremute. Da un lato la frutta, al centro lo spremiagrumi e dall’altro i bicchieri e le caraffe. La gente si ferma e ordina la propria spremuta. Due giri di manovella e oplà, una buona e fresca bevanda è subito pronta.

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Non mi passa nemmeno per la testa di provare a sorseggiarne una. Il rischio di passare alcuni giorni sul “trono” deve rimanere sempre presente e quindi riprendo la scena, scatto qualche fotografia e invito il mio “tassista” a proseguire. Le stradine laterali che sto percorrendo sono strettissime e buie. Ogni tanto, lungo la strada, incontro dei piccoli tempietti votivi. La gente si ferma davanti all’immagine sacra, ci pone un petalo e si tocca la fronte. Alla fine i petali di fiori gialli emanano un odore dolciastro molto intenso che si espande in ogni dove. Molte volte, oltre ai petali, vedo dei bastoncini fumanti. Anche in questo caso i profumi sono decisi, quasi “violenti”.

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Norme igieniche

Lungo la strada una quantità indescrivibile di negozi di souvenir, il Buddha in ogni posa e versione la fa da padrone. Bellissima ed impressionante una macelleria. Norme igieniche: a prima vista nessuna! Animali squartati posti lì, quasi sulla strada, assaliti da nugoli di mosche e immersi nella onnipresente polvere. Alzo lo sguardo e, oltre alle immancabili multicolori bandierine, una quantità enorme di cavi e fili elettrici che pendono lungo le case fino a raggiungere pali e tralicci. Il groviglio è impressionante, come il disordine. La gente passa, sembra non accorgersi delle innumerevoli cose che il mio occhio vede. L’abitudine rende ogni cosa normale. Non normale al mio occhio sono i colori degli abiti. Quelli dei maschietti, ligi e incolori, quelli delle femminucce dai colori sgargianti e saturi.

Kathmandu

Incontro la guida

I gialli e i rossi la fanno da padrone. Colori quasi in simbiosi con la frutta delle bancarelle e le ghirlande in vendita in ogni dove. Ormai sono le ultime pedalate per il mio “tassista”. Il giro è terminato e devo rientrare. Sono giunto quasi in vista del mio hotel. Scendo, pago aggiungendo una mancia. Un bel sorriso e via, in cerca del prossimo cliente. Alle 11 m’incontro con BeBe, la mia guida. Si mette subito a disposizione dicendomi: “Dove andiamo”? A “Patan” gli rispondo e a “Durban Place“.

Patan, Durban Place e Thamel

Il primo è un sobborgo di Kathmandu pieno zeppo di templi e antiche costruzioni, la seconda è la piazza centrale di Kathmandu. A Patan arriviamo in taxi e non in risciò. I taxi sono tutti dei piccoli Suzuki. Il traffico è impossibile, sei letteralmente avvolto dai mezzi di trasporto che ti chiudono la strada in ogni dove. Per fare pochi chilometri s’impiega un tempo impossibile. Sento il rumore e respiro gli odori. Ci fermiamo a Patan solo per alcuni attimi, il tempo per due foto per poi dirigerci verso il centro di Kathmandu, Durban Place. Paghiamo il taxista e acquisto il biglietto per entrare nella piazza, brulicante di persone e turisti.

Kathmandu

La cosa che mi colpisce maggiormente non è tanto la bellezza della piazza o dei monumenti ma come la gente li “usa”. Se da noi il monumento è destinato a essere visitato qui il monumento è “vissuto”. Lungo le scale la gente si siede a chiacchierare, lungo i lati dei templi la gente si distende a dormire o pone la propria mercanzia, allestendo un veloce punto vendita: patate, zucche, cavoli, pomodori, rape, tegoline, carote. Ogni prodotto della terra viene esposto per una possibile vendita. Tutto avviene in questa enorme piazza, togliendole l’enfasi della monumentalità, molte volte fredda e avara di momenti di vita vissuta.

Si mangia …

La guida rimane al mio fianco. Come spesso avviene, la persona del luogo è la meno indicata per dare informazioni di natura storica circa il luogo in cui ci troviamo. BeBe non è da meno e io non pretendo che sia diversamente. Più che alla storia sono attratto dalla vita che intorno a me si dipana. Raggiungiamo un ristorante dove una birra finalmente mi disseta. Mangio dei ravioloni dal nome strano: “momo”. Devo dire non male.

Parlo con la guida. Finalmente un sorriso e delle confidenze: 35 anni e tre figli. Si guadagna la vita facendo la guida fino a quando ci sono turisti. Quando la stagione si fa brutta, prende l’aereo e se ne viene in Italia a fare l’uomo “tutto fare” in un rifugio sulle montagne sopra Bergamo. Passata la stagione in Italia se ne ritorna in Nepal, in attesa che la buona stagione riporti i turisti.

… e ci si confida

La moglie aiuta come “donna delle pulizie”. La vita è dura! “Dobbiamo pagare anche l’affitto. Non sono di Kathmandu ma di un paese che posso raggiungere solo con i mezzi pubblici non avendo la macchina. Rimango tanto tempo fuori casa. L’unico aggancio è il telefonino con il quale parlo con la mia Signora e con i miei tre figli”. Sì il telefonino! Impera anche qui come da noi. Ogni ragazzo ne possiede uno e non ne potrebbe più fare a meno. Tutto il mondo è paese! Il pranzo termina con del tea che sarà, insieme alla birra, la bevanda che mi accompagnerà in ogni dove. Concordiamo i tempi per l’indomani. Sarà l’inizio del trek. Per fare ciò dovremmo raggiungere il piccolo aeroporto di Lukla, da dove tutto ha inizio.

Kathmandu

Il programma per domani ….. lasciamo Kathmandu

Il volo durerà 40 minuti. Programmiamo la sveglia per le 04:20 e l’incontro con la guida per le 05:15. Giusto il tempo per raggiungere l’aeroporto e partire alle 06:30. Passo il resto del pomeriggio alla ricerca, con BeBe, di una scheda per il mio cellulare. Niente da fare. Cellulare troppo “evoluto”, la scheda comprata non funzionerà mai. Per fortuna ho il satellitare, che manterrà i contatti tra me e Marina. Il cellulare lo userò solo a Kathmandu per gli SMS che regolarmente ci scambiamo, tenendo conto del fuso orario tra Italia e Nepal. Mi precipito nella stanza del mio hotel. devo preparare lo zaino per l’indomani e mettere ordine nel mio favoloso borsone.

Un difficile equilibrio

Lo svuoto completamente cercando un ordine nelle cose. Preparo lo zaino, cerco un difficile equilibrio tra necessità e peso. Vorrei tutto con me ma non è possibile. Vedremo di farci un’esperienza durante i primi giorni per capire cosa portare veramente. Il borsone si chiude con difficoltà, ci devo quasi salire sopra per poter avvicinare la zip. Via ….. fatto! Ho l’angoscia di dimenticare qualcosa. Non posso permettermi di perdere il passaporto, nè i soldi e tanto meno le chiavi. Assolutamente non deve succedere. Mi corico ma non riesco ad addormentarmi in quanto sento il ticchettio ossessivo dell’orologio in camera. Accendo la luce appena spenta e tolgo le batterie al congegno. Finalmente silenzio .. si dorme!

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