Lukla – Phakding (2.652m.)

28 Ottobre 2014 – Martedì

Kathmandu – Lukla – Phakding

Finalmente si parte

Sono le quattro del mattino. Oggi si parte verso Lukla per raggiungere Phakding: è l’inizio del trekking. Il paesino di Lukla è dotato di un piccolo aeroporto considerato come uno tra i più pericolosi al mondo visto che è posto ad una altezza di 2840 m., vista la brevità della sua pista (460 m.), il fatto che non è dotato di strumentazione per il volo notturno e per le mutevoli condizioni meteo che devono essere buone per garantire partenze e arrivi. Ha una sola pista, posta in salita per ridurre naturalmente la velocità dell’aereo in fase di atterraggio e di aumentarla in fase di decollo. La pista termina a ridosso di un ciglio montuoso sul lato arrivi e di un profondo dirupo in fase di partenza. Quindi nervi saldi, che non si può sbagliare!.

Mi preparo velocemente e scendo nella hall dell’albergo qui trovo già il cameriere che ha aperto la sala per servirmi la colazione. Sono solo nel grande salone. Mi spiace quasi d’aver causato l’alzataccia del cameriere che mi assicura che, per lui, questo è normale. Un toast con marmellata e il solito tea.

Mi siedo sulle comode poltrone della hall e… aspetto. Puntuale arriva la guida insieme a Mr Govinda. Strano rivederlo, forse vuole certificare che tutto sia perfetto. Velocemente carichiamo il borsone e lo zaino sulla macchina e partiamo. La strada che conduce all’aeroporto, sette chilometri, è già trafficata, con tante persone sui lati. Chiedo come mai tanta gente e Mr Govinda mi risponde che sono  persone  che si alzano così presto perché,  normalmente, chi prima arriva meglio alloggia nella quotidiana e faticosa ricerca di un lavoro. “Delinquenza?” Incalzo. “No! Pur essendo la capitale, la gente è abbastanza tranquilla” mi viene risposto. C’è rispetto per le persone e la proprietà. Tanta miseria sì ma, anche, tanta dignità e fierezza

Arriviamo a/l’aeroporto. Il mio borsone pesa circa 20 Kg, non riesco a maneggiarlo facilmente. Un ragazzino mi si avvicina, me lo prende dalle mani e se lo carica sulla schiena con una velocità impressionate . Penso subito al peggio: vittima di un furto! “Calma”, mi anticipa BeBe, “ogni turista che viene visto armeggiare con qualcosa è motivo di attenzione. I ragazzi si fiondano, proponendosi come portatori. Questo ha deciso di portarti la borsa fino all’entrata dell’aeroporto. Tutto qui”.

Arriviamo all’aeroporto

Qui funziona così! Guadagnarsi la mancia significa guadagnarsi una scodella di riso per il pranzo. Qui è tutto un lottare per i bisogni primari, nulla si spreca. Ormai albeggia e un serpentone di turisti si accalca alle porte dell’aeroporto ancora chiuse. C’è un gran vociare e un gran spingersi per la posizione migliore. Le porte si aprono e sei spinto verso l’entrata. Arrivati, il ragazzino posa a terra il borsone. Capisco che il servizio è terminato. Quattro monete bastano per un sorriso un Namaste, e un inchino a mani giunte. Lo vedo sparire velocemente alla ricerca di un nuovo turista. La guida mi aiuta a trasportare il borsone fino sulla soglia della zona partenze. Dal suo zaino prendono i biglietti. Ok, ci si muove. Oh, questa è nuova! Siamo fatti salire con tutti i bagagli su una bilancia!!!

Ci pesano. Sicuramente per controllare la coerenza dei pesi con il settaggio dell’aereo al momento del decollo. Finalmente si parte. Saliamo sul piccolo pulmino che ci accompagna fin sotto il minuscolo aereo. Una breve scaletta e siamo al suo interno. Dodici o quattordici posti a sedere, tutti con finestrino, un piccolo corridoio e, alla fine, la cabina di pilotaggio. Abbiamo anche la hostess che passa, a testa bassa per non prendere colpi, con un vassoio contenente caramelle e …. batuffoli di cotone. Sul momento non capisco ma appena accesi i motori, tutto mi è chiaro! Il rumore è assordante. Un veloce rullaggio e ci alziamo. Sono proprio vicino alla elica di sinistra. Non ho paura ma non posso pensare a quanto l’uomo sia temerario. In fondo quelle piccole pale d’elica che ruotano vorticosamente sono, insieme al motore e le ali, la nostra ancora nel cielo. Uno spettacolo!

In lontananza le alte montagne coperte di neve. Il cielo terso. Il sole è già abbastanza alto per poter distinguere con chiarezza le valli senza alcuna ombra. Che strano, le strade sono sparite, come le vetture. Le montagne sono dolci prive, di rocce, solcate da mulattiere e sentieri con congiungono piccoli villaggi posti sui punti più dolci dei declivi. Il verde dei terrazzamenti è bellissimo. Non sento più il rumore del motore, tanto sono catturato da questo panorama agreste e bucolico.

Si torna a Kathmandu

Vedo la hostess muoversi verso la piccola cabina di pilotaggio confabulare con il pilota. Poi l’annuncio: per problemi tecnici si ritorna a Kathmandu. Cosa dire? Cosa pensare? Una veloce e stretta virata ci riporta sulla rotta di casa. Ci guardiamo l’un l’altro. Speriamo di cominciare questo trekking! Passa un quarto d’ora e ci ritroviamo alla partenza. Ci riconducono nella zona partenze. Dobbiamo aspettare che risolvano il problema. Dopo un’ora e mezza ritentiamo stesso aereo stesso decollo.

Il comandante, in tenuta avio, bel maglione blue, occhiali ray-ban e cuffie alle orecchie si gira verso di noi sorridendo. Sembra dirci: sono qui io e quindi non dovete preoccuparvi sono cose che capitano. Spero sia proprio così e riprendo a guardare il panorama ma, anche, a controllare l’orologio per vedere quanti minuti ci separano dall’atterraggio. Ci stiamo muovendo verso le montagne ma stiamo anche scendendo di quota. Ad un certo momento vedo l’ombra del piccolo aereo che si proietta sulle pendici di una montagna. Siamo proprio vicini a Lukla. Ancora una stretta virata sulla destra ed eccoci arrivati. Con un sobbalzo si tocca finalmente la pista, i freni sono prontamente messi in funzione. Ci fermiamo. Ora dobbiamo finalmente muoverci noi. BeBe ed io scendiamo dalla scaletta e preleviamo la borsa e gli zaini. L’aria è tersa e fresca. Mi aspettavo una temperatura più rigida invece la sensazione è piacevole.

Finalmente ci muoviamo

Ora il problema è trovare un portatore che ci accompagni per il lungo trekking. Ma per BeBe non è un problema. Mi lascia nella grande lodge, situata vicino all’aeroporto, e si mette alla ricerca mentre io sorseggio un caldo tea. Ciò fatto, questo esco a godermi il paesaggio. Telefono a Marina con il satellitare. Desidero farle sapere che tutto è andato per il verso giusto ma non le accenno dei problemi tecnici avuti all’aereo. Non serve.

Lukla – Phakding

Sono le 10:30 e BeBe arriva con il portatore. Un ragazzo molto giovane: Samir. È simpatico, con il sorriso sempre sulle labbra. Denti bianchissimi e capelli lisci e scuri come l’ebano. “Come ha fatto a trovarlo così in fretta?” chiedo alla guida. “Non ci sono problemi” mi risponde. “Ci conosciamo da parecchio tempo. Fa il contadino e quando passo e lo trovo disponibile, non si tira mai indietro”. Oggi è il primo giorno. Partiamo da Lukla per raggiungere Phakding sono le prime tre ore di un viaggio in un mondo lontano ed esotico Il ciottolato di Lukla diventa ben presto una mulattiera percorsa da decine di turisti, da decine e decine di muli, yaks e portatori con i loro impossibili pesi. Le merci sono le più disparate ma tutte legate da un minimo denominatore che è quello di permettere l’esistenza alle popolazioni delle valli.

Kathmandu – Lukla – Phakding

Non parlo esclusivamente dei prodotti agricoli ma di quei prodotti tipici di una civiltà che non si basi esclusivamente sull’agricoltura. Prodotti inscatolati, prodotti per la concimazione dei terreni, prodotti legati al vestiario, alla manutenzione, alla cura del bestiame e della popolazione, generi alimentari e di conforto, bombole di gas, stufe, mobilio, tappeti e qualsivoglia prodotto per il lavoro e la casa. Insomma tutto ciò che serve ad una comunità perché possa vivere in zone impervie e inospitali. Tutto viene trasportato lungo queste “arterie”. Cammino lentamente dietro BeBe che mantiene il ritmo. La valle si fa stretta incontriamo numerose cascate . Costeggiamo sempre il Dudh Kosi River che superiamo diverse volte usando i famosi ponti sospesi.

Kathmandu – Lukla – Phakding

Sono tutti uguali, nell’ampia e unica arcata dove il sottostante spumeggiare dell’acqua rende la nostra voce sorda a qualsiasi orecchio. Le preghiere poste lungo gli scorri mano sventolano incessantemente all’aria sempre presente. Aria sempre tesa e fastidiosa che sembra volerti, ogni volta, portar via il cappello. Dondoli leggermente, passo dopo passo, nel raggiungere l’altra sponda. Ti sposti quando incroci altre persone ma ti fermi e fai retromarcia se dovessi incontrare qualche mandria. accompagnata sempre da uno o più mandriani che incitano il capo mandria a procedere e a vincere la naturale diffidenza verso qualcosa di innaturale che si presenta sotto le proprie zampe. Se avanza lui, tutto il resto della mandria prosegue altrimenti… basta lo schioccare della frusta per convince i più refrattari a procedere.

Si arriva a Phakding

Dopo otto chilometri raggiungiamo la meta: Phakding (2652 m.). Cosa dire è un villaggio come tanti e tanti altri simili. Diciamo un villaggio di contadini dei quali alcuni riciclati in albergatori e o cuoci. Sono villaggi piccolissimi le cui case si affacciano sulla strada principale.

Una strada fattasi il più delle volte di ciottolato. Qualche stupa disseminato lungo i punti strategici, sulla sommità di una collina, o nel centro del villaggio. Le immancabili ruote che, spinte dalla forza del passante, raccontano di preghiere rivolte alla divinità. È un modo per ingraziarsi la benevolenza del Dio nel quale credi e dal quale speri in un “occhio” di riguardo verso la dura vita della montagna. La gente è semplicissima, cordiale, sempre sorridente, mai irosa. C’è un ritmo particolare, mai agitato o frenetico nel camminare, nel gesticolare e nel rapportarsi agli altri.

Kathmandu – Lukla – Phakding
Kathmandu – Lukla – Phakding

Ritrovi, in ogni dove, il carattere profondamente contadino e montano di queste genti. Profondamente solidali gli uni agli altri. Sembrano tutti conoscersi e facenti parte tutti di un unico universo, plasmati dalla durezza della vita non necessariamente fatta di privazioni ma plasmata da un ambiente aspro e povero che parla di frugalità, dove ogni cosa è calcolata, meditata e riservata per tempi peggiori. La parsimonia è obbligata, a partire dall’acqua per arrivare al fuoco che deve riscaldarti. Non esiste il superfluo ma il calcolato, non esiste il futile ma l’essenza. Non credo sia una scelta di vita o una scelta filosofica/religiosa in quanto, molte volte, purtroppo manca l’opportunità di una scelta. La strada è già imposta o segnata. Penso che il clima, l’altezza e la montagna stessa non diano spazio a scelte ma ad adattamenti e convivenze con qualcosa di più forte di te: una natura selvaggia e meravigliosa ma anche fredda e distaccata dalle emotività dell’uomo e dalle sue aspirazioni, che possono essere spazzate via in un attimo da una nevicata, o dalla piena di un fiume. È tutto così precario e fugace che il vivere prende un ritmo diverso, dove le tue leggi sono molto diverse da quelle che regolano la vita degli abitanti di questo mondo lontano.

Kathmandu – Lukla – Phakding

Il trekking per me è proprio questo: un tentativo di “entrare” in un’altra dimensione a te sconosciuta e lontana, toccare realtà profondamente diverse dalle tue. È staccarsi dalle tue convinzioni, è capire le difficoltà di gente caparbia e fiera che comunque sorride e ti dimostra che c’è anche una diversità fuori da casa, capace di motivare le persone.

Capisci allora che si può studiare e far di conto anche sul ciglio di casa, sotto il pallido solo del mattino. Hai bisogno dell’essenza: una penna e dei fogli. Non servono scarpe e vestiti da mostrare, ma solo di desiderio d’imparare. Questa “forza” questo “impulso” sono una speranza e una sorta di dignità che rendono questa gente meritevole di profondo rispetto. A forza di “parlare” non mi accorgo che il tempo si è imbigito ma siamo arrivati e quindi sono contento. Siamo pronti per una buona birra. Che mi viene portata al tavolo da BeBe al quale chiedo se posso farmi una doccia. “Certo” mi viene detto “ma aspetta che chiedo al titolare”. “La doccia? Si è possibile ma stiamo aspettando le batterie per la caldaia. Dovrebbero arrivare a minuti”.

Phakding – Namche Bazar

Qui il tempo si dilata all’inverosimile. Lo uso per sistemare lo zaino e preparare la biancheria pulita. È un continuo lavoro quello di sistemare, rivedere, riporre e aggiustare borsone e zaino.Alla fine le batterie sono arrivate. Mi ritrovo nello sgabuzzino, adattato a bagno e doccia.

La doccia

Chiedo se esiste un tempo entro il quale fare la doccia o un limite nell’acqua a disposizione. Il gestore mi dice di no e mi spiega come azionare la caldaia e di avvisarlo appena finito, in quanto avrebbe dovuto chiudere la bombola del gas. Provo a vedere se tutto funziona. Si funziona! Appena apro il rubinetto dell’acqua calda la caldaia entra in funzione e l’acqua si scalda rapidamente. Mi svesto e …. via sotto l’acqua bollente. È un piacere indescrivibile dopo una giornata di cammino. M’insapono velocemente anche perché i vetri alle finestre sono rotti e la temperatura è scesa.

Kathmandu – Lukla – Phakding

Ad un certo momento sento una voce: “Is it fine?” “Si” rispondo “tutto è ok!” Conseguenza: la caldaia si spegne. Rimango mezzo insaponato. Finisco la doccia con l’acqua gelata. Forse la “dolce personcina” che voleva informazioni ha capito, dalla mia risposta, che avevo finito. Pazienza. Mi asciugo velocemente e altrettanto di fretta mi vesto. Adesso devo aspettare BeBe che è andato a trovare degli amici.

Le sorprese non finiscono mai

Premetto che ho sempre portato passaporto e denaro appesi, in un astuccio, al collo. Dopo essermi cambiato porto istintivamente le mani al petto e…… dov’è l’astuccio? L’avevo fino ad un momento prima della doccia, non può essere sparito. Cerco in ogni dove, sotto il letto, sotto e dentro il sacco a pelo. Niente! Non trovo quello che cerco. Giorgio calma! Dove vuoi che sia? Eppure l’astuccio con i soldi e passaporto non si trovano. Metto le mani nello zaino: nulla!!!!

Cavolo! Ma proprio ogni giorno una sorpresa, Basta. Ormai è scuro Accendo la torcia visto che la luce non funziona e, mi rimetto a cercare con più calma. Comincio a pensare che qualcuno nel mentre facevo la doccia, avesse potuto far visita alla mia camera. Ma ho usato sempre le chiavi quindi ho sempre chiuso tutto. Rifaccio tutto il percorso dalla camera al bagno con la torcia. Nulla il portafoglio non si trova. Disfo completamente il borsone. Nulla!! Cosa faccio adesso?

Per i soldi “pazienza” ma il passaporto, con il permesso quello no! Devo avvisare la guida! Scendo e lo trovo che stava chiacchierando vicino ad una stufa accesa. “BeBe non trovo il portafoglio” gli dico concitato. “Cosa? Mi fa lui!” “Si, non lo trovo.” Corriamo su in camera, tra le mie imprecazioni sulla mala sorte. Ripasso per l’ennesima volta il tutto. Questa volta capovolgo lo zaino ….. “eccolo!” Esclamo. S’era incastrato non so come lungo le pieghe dello zaino e non si lasciava trovare al mio tatto. Capovolgendo il tutto è caduto.

Stai calmo

“Maledetto, ti ho trovato finalmente!” BeBe mi guarda e mi dice: “stai calmo non agitarti”. Poi sorride ed esce dalla camera. Io mi calmo e mi ripeto: “Giorgio devi stare più calmo”. Mi ritrovo con tutto sparpagliato nella camera da letto. Devo rifare il borsone e lo zaino. Per l’ennesima volta ripasso ogni cosa rimettendola con cura nel mio meraviglioso borsone. Chiudo con la zip e con il lucchetto ogni cosa. Sono sveglio dalle quattro del mattino e sono stanco. Scendo per la cena. Sono quasi le sette. Ormai è notte e troppe cose sono successe in una giornata lunghissima e, che ancora, non finisce.

Dopo la cena mi ritrovo a parlare con un Nepalese in Inglese. È il segretario di un vice ministro che si occupa di turismo e cultura. È in ferie e aveva deciso di trascorrerle nella regione di Kumba per acquisire informazioni utili al suo lavoro in ambito turistico.


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