08 Novembre 2014 – Sabato
Oggi la tappa prevedete la partenza da Pangboche e arrivo a Namche Bazar (3.440m.)
La cerimonia al tempio
Oggi è la giornata che sarà dedicata alla cerimonia buddista che si tiene nel Monastero di Tengboche. Come ho già scritto, non capisco nulla del Buddha e me ne dolgo. Non è il massimo compiere un simile viaggio senza una minima infarinatura. Pazienza! Cercherò non tanto di capire la cerimonia ma di viverne l’atmosfera e lo spirito. La prima sensazione, ma che ho consolidato nell’oretta che mi sono fermato al monastero, è che la cerimonia non mi sembra solo una manifestazione della religiosità delle genti della vallata ma anche una rappresentazione teatrale alla quale tutta la gente viene coinvolta.
La danza ritmata
Ci sono certamente i monaci, con le loro litanie ritmate dal suono del gong o dai piatti, dal tamburo e da una sorta di lunghissime trombe. Litanie monotone e dal ritmo quasi ossessivo. Terminate, si da corso ad una rappresentazione quasi teatrale. Dalla porta del monastero scendono i monaci con dei costumi dai colori fantastici. Iniziano una danza ritmata fatta di movimenti che richiamano quelli delle arti marziali. I movimenti sono lenti e a scatti. I monaci girano intorno ad una specie di altare per dopo ritornare sui loro passi dopo aver “incensato” l’altare ed aver sparso acqua sulla gente come in una sorta di nostra benedizione.
Anche tea e latte
Più la cerimonia prosegue e maggiormente riconosco in essa dei tratti che potrebbero ricondurla ad una nostra messa. L’incenso, la benedizione, per arrivare ad una specie di offertorio, quando un monaco appresta un tavolino pieno zeppo di frutti che poi viene offerto ad un monaco. La gente guarda rilassata e sorridente. Tra una danza e una litania viene offerto ai presenti del tea con latte. Ho l’impressione di un momento religioso vissuto in maniera molto diversa in confronto alle nostre messe.
Festa e comandamento
Qui la gente sorride, chiacchiera è molto rilassata, come dicevo, sembra di assistere ad una cerimonia teatrale. La nostra messa mi rimanda a qualcosa di più rigido, strutturato e formale. Qui c’è festa, da noi comandamento. I turisti si accalcano ai bordi della piccola piazzetta interna al monastero con macchine fotografiche e cineprese per immortalare i meravigliosi colori dei costumi ma anche dei copricapo delle donne . Mi viene in mente come, molte volte, ci siano delle compensazioni impressionanti e forse, logiche nelle cose. A vedere i paesaggi, oltre certe altezze, così brulli e monotoni nel colore ti portano ad una sorte di tristezza e mestizia, in compenso vedi i colori dei copricapi delle donne, i colori che adornano i templi, quasi pacchiani e violenti nella loro esuberanza e leggi, in questo, una sorta di ribellione e rivincita di una gente semplice e genuina.
Si ricomincia a camminare
Dopo questa esperienza mi viene in mente la possibilità di chiedere a BeBe qualcosa in merito alla religione e sul Buddha, sperando di colmare, almeno in parte, la mia curiosità. Nulla da fare, la risposta della guida è abbastanza emblematica. “Queste cose”, mi dice, “fanno parte della cultura e non sono per me. Chiedimi di sentieri, distanze e montagne ma non queste cose, che non le conosco. Se vuoi sapere qualcosa potresti rivolgerti a Mr Govinda, lui si conosce”. Rimango male da questa risposta. Certo anch’io avrei potuto interessarmi prima della partenza ma questo è un limite proprio, anche della guida a livello professionale. Con questi pensieri proseguiamo il nostro cammino. Comincio veramente ad essere stanco fisicamente.
Sto camminando più piano
Non solo della giornata in se stessa ma della somma di tutte le giornate. Ogni salita mi pesa sempre di più. Ogni curva, che continua con una curva, diventa motivo di lamento. Si avvicina Namche, come si avvicina l’imbrunire. Mi accorgo di aver diminuito l’andatura. Per la prima volto mi dico: ancora due giorni. Devo essere onesto, anche a livello psicologico comincio a cedere. È la ripetitività delle cose che pesa. Lo zaino ogni giorno come il borsone, la colazione e il cibo.
Mi mancano ancora due giorni
Si proprio il cibo sta diventando una questione pesante. È la sua monotonia che sta diventando terribile. Non sono arrivato alla nausea ma quasi. L’odore, se all’inizio era riconosciuto come piacevole dal mio olfatto, ora sta diventando quasi stomachevole. È indice che sto arrivando al limite. Per fortuna ho ancora due giorni. Con sempre maggiore frequenza penso al bagno dell’albergo Malla a Kathmandu. Sono alla frutta! La strada si snoda lungo un falsopiano interminabile. Ogni curva uno stupa con le sue preghiere. C’è molta gente lungo la strada e anche molte mandrie anche se l’ora è un pò tarda. BeBe mi dice che oggi, sabato, è festivo per i nepalesi e che, a Namche Bazar, ogni sabato si tiene il mercato.