Phakding – Lukla (2.840 m.)

10 Novembre 2014 – Lunedì

Lobuche – Everest Base Camp – Gorak Shep

Oggi è proprio l’ultima tappa da Phakding a Lukla (2.840 m.).

Finalmente gli ultimi chilometri

Finalmente gli ultimi 8 chilometri! Mi alzo e già non mi sento al top. Nausea e solo nausea. Ho il sapore del mango e degli spaghetti ancora in bocca. Che schifo. Se vomitassi forse starei, meglio, mi dico inforcando lo zaino. Dai Giorgio, mi ripeto, siamo alla fine la giornata è bellissima come tutte le altre d’altronde. Non ho visto una goccia d’acqua o un fiocco di neve per tutto il trekking.

Ci mettiamo in movimento. Soliti saliscendi rompi gambe e ritmo. Fiatone e nausea. Non ci siamo assolutamente, non ci siamo ma ….. cosa posso farci? Si deve andare avanti senza piangersi tanto intorno. Sto diventando polemico anche nei miei monologhi solitari. Ma è mai possibile che ogni paesino deve essere in cima a qualcosa? Non ho mai maledetto tanto gli innumerevoli scalini e scale di pietra che portano ai villaggi come oggi.

Dietro la curva c’è Lukla

In effetti, questi scalini, sembrano più fatti per il passo degli animali che che per quello degli uomini, o meglio, per il mio passo. Non riesco mai a coordinare un passo con uno scalino! Non parliamo della discesa dove tutto sembra più facile se non fosse per il dolore alle ginocchia che è stato più o meno sempre presente. Guardo BeBe. Lui capisce e mi dice: “Vedi quella sommità?” Si, “gli dico”. “Bene dietro c’è Lukla!” Ma, penso tra me, sarà la solita frase “tranello”, buttata lì per farmi trovare ancora le ultime forze. Non era vero!

Finale con scoppio

Sento un rumore alzo lo sguardo e …… “la civiltà”! Un piccolo aereo , ma sufficientemente grande per riempirmi il cuore, sta atterrando dietro la collina. Sono ormai a Lukla. Ancora una piccola salita e poi ho finito. Ancora nausea. Mi fermo sul ciglio della mulattiera e, forse per la felicità o per la visione della “fine” vomito tutta la cena della sera prima. Una liberazione, un finale con lo scoppio! Un povero portatore si ferma per darmi il suo aiuto, mi indica con la mano la testa, quasi a dirmi che il vomito è causa del mal di montagna. “No”, gli dico “il mal di montagna lo già provato, questa è stanchezza solo tanta ma tanta stanchezza”. Capisco che non mi capisce ma non ha importanza. BeBe mi viene vicino e mi chiede: “come va!” “Bene”, gli dico, “ho visto un aereo!” Dio sia ringraziato.

È il momento della mancia

È finita! Passiamo il paese tra frotte di turisti. BeBe mi anticipa al lodges e mi prenota una camera matrimoniale con doccia. Deve aver preso paura e vuole garantirmi la migliore sistemazione. Davanti al lodges c’è un bel prato con tanto di ombrellone, tavolino e seggiolini. Mi siedo e invito anche Samir, il mio silenzioso portatore. È il momento della mancia. Sono imbarazzato perché non riesco a quantifica la cifra giusta. Non voglio dare poco ma nemmeno esagerare. Chi dice qual’è il giusto? Giorni addietro avevo coinvolto anche BeBe in questo discorso. Ha fatto il politico, figura presente anche a queste latitudine. È difficile da dirsi mi risponde. Ognuno è libero in questo gesto. “È difficile!” Mi risponde, “certo che il turista americano pensa in dollari e quello italiano in euro”. “E quindi” dico io? “Cosa significa?” Ho capito, faccio da me. Alla fine sia la guida che Samir sono pagati e, quindi, la mancia è comunque un di più.

Quattro conti

Domani ripartiranno con un altro gruppo e, quindi alla fine anche a loro non va proprio tanto male. L’attività di portatore per i trekkers, paragonata a quella degli altri portatori non è tra le peggiori. Portare i bagagli dei trekkers lo nette a contatto con gente straniera che, si sa, lasciano laute mance. Quindi faccio un due conti: 15 giorni a, mettiamo, 5 euro al giorno sono 80 euro. Diciamo che per me può stare contento. Sono seduto al tavolo e lo chiamo: “Samir! Dai vieni qui! Potrò offrirti un tea dopo 16 giorni si o no? Siamo stati insieme ma con compiti diversi ma non per questo non riconosco il tuo buon lavoro”. Lui non capisce una parola ma… capisce benissimo. Lo si vede dai suoi occhi e dal quel mal celato imbarazzo nei movimenti.

Il momento dei saluti

È un ragazzo e tutto è comprensibile e logico. Ha gli amici dietro l’angolo che lo aspettano. Lui dovrà raccontare della sua esperienza, e offrire un “bicchiere”a tutti, a coronamento di quanto fatto. Infatti arriva sua fratello, ci presentiamo. Capisco che dopo 16 giorni vuole solo ….. scappare e ritrovarsi nel suo mondo e tra le sue realtà. Gli allungo il denaro. Non lo guarda ma lo infila subito nella tasca. Mi fa un sorriso mostrandomi i suoi bellissimi denti bianchi. Beve il tea velocemente, mi saluta e mi ringrazia. Sparisce velocemente dietro l’angolo. Sono contento. Arriva BeBe, beviamo un tea e mi da le chiavi della camera. Gli dico della mancia che ho appena dato a Samir. Mi sembra doveroso e corretto avvertirlo. Ci salutiamo dandoci appuntamento per la cena. Lui andrà a bersi qualcosa con gli amici ed io a farmi una doccia calda.

Tremo come una foglia

Arrivo in camera. Mi spoglio velocemente. Finalmente una doccia come io la conosco. Apro l’acqua calda. Bellissimo, m’insapono. L’acqua e calda e il vapore riempie il bagno. Stupendo, fino a sentire la temperatura scemare e diventare fredda. Mamma mia, ma quando riuscirò a farmi una doccia completa! Termino con l’acqua fredda per togliermi il sapone. Sto tremando come una foglia. Mi metto mutande e canottiera e mi distendo sul letto. Continua a tremare e non riesco a fermarmi. Stanchezza, debolezza, il vomito ci manca che mi prenda anche un’influenza.

Mi copro con la giacca a vento. Nulla! Continuo a tremare. Avanti! Ci prendiamo una tachipirina, tanto per mettere le mani avanti, e mi metto sopra anche il sacco a pelo. Tremo, tremo e ancora tremo e alla fine mi addormento. Mi sveglio intorno alle 17:30 sono caldo ho paura di avere la febbre. Ma non mi passa assolutamente per la testa di misurarmela. Alle 18 mi devo vedere con BeBe per la cena. Scendo in sala lo incontro ma decido di non mangiare. Lui insiste ma io mi accontento di un tea.

Domani si riparte per Kathmandu

Domani salirò sul primo volo per Kathmandu e quindi concordiamo la sveglia. Il volo è programmato per le 06:20 quindi decidiamo di trovarci nella hall per le 05:30. Colazione e partenza , 50 metri, per il piccolo aeroporto. Gli chiedo un aiuto per il borsone. Non arriverei a portarla insieme allo zaino. “Non ci sono problemi” mi risponde. Gli allungo la mancia. “Non posso accettare una cifra del genere.” Mi dice. Capisco: è la solita e scontata manfrina. “Prendi i vestiti per tuoi figli gli rispondo”. Mi dice: “grazie!” Lo vedo e lo sento contento. Non c’è dubbio ha fatto un buon lavoro. Ho fatto veramente una bella esperienza e ne sono contento. Sono convinto che, lasciando passare un pò di tempo, mi dimenticherò dei problemi e delle fatiche e porterò con me solo i momenti più belli.

Dingboche – Lobuche
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